Myanmar 2011 - by air

Premessa
12 Gen 2011 - Nel tener fede alle nostre promesse di alternare il periodo di "svernamento", trascorrendolo un anno col camper ed il successivo via aereo, dalla meta' del prossimo mese di gennaio, inizieremo un affascinante viaggio che ci portera' nella terra delle Pagode d'oro, la Birmania, oggi chiamata Myanmar, decollando poi, per la Cambogia e volando  infine in Thailandia.
(animazione aerea del nostro tour)



il Myanmar, questo dolce e mite paese, ove il suo popolo, vive da anni sotto un' inossidabile dittatura militare,  esposto da tempo a embargo internazionale, annovera una delle figure piu’ fiere e determinate, Aung San Suu Kyi , esile donna, Premio Nobel per la pace, considerata il Nelson Mandela dell’Asia, che si batte per la democrazia e la liberta’ di questa terra.
Dopo aver letto molti altri diari, guide, appunti e quant'altro, la lunga visita di questo paese, assieme a Patrizia e Riccardo, i nostri simpatici amici, l'abbiamo programmata abbastanza minuziosamente, affinche' ci permettesse di toccare le localita' piu' famose e rinomate, piene di storia, ma anche di leggende, in cui sono situate le magnifiche architetture delle piu' belle Pagode del mondo, per giunta buona parte ricoperte d'oro, a testimonianza della forte religiosita' che accomuna i birmani, nella fede buddhista.

L'altro fondamentale fattore che riteniamo preponderante per noi, in questi, come in altri viaggi, e' il contatto diretto con la gente.
Capire come vivono, cosa pensano.. insomma .. cercare, per quanto molto difficile, di immedesimarsi nella loro filosofia di vita, affinche' si possa uscirne piu' ricchi e meglio predisposti a comprendere le altrui umane gioie e sofferenze.
Terminata la visita di questo paese, decolleremo alla volta della Cambogia, per visitare, i Templi di Angkor,
        (Clicca sull'immagine per ingrandirla)


maestose strutture, in parte ancora ricoperte dalla folta vegetazione della giungla cambogiana, riscoperte dopo secoli di oblio ed oggi ritenute una delle meraviglie del mondo.
Alla fine di queste "fatiche", voleremo ancora ai confini fra la Malesia e la Thailandia a riposare su di un'isola che gia' conosciamo e che corrisponde al magico nome di Koh Lipe.
(..qui, faremo "relax" )
(Clicca sull'immagine per ingrandirla)

Partiremo fra qualche giorno ed il viaggio dovrebbe protrarsi  per oltre un mese e mezzo, augurandoci di poter far rivivere, anche a coloro che ci seguiranno,  le nostre stesse sensazioni ..e/o avventure.. chissa'..

...continuera' una volta giunti in Myanmar....
-------------------
1 Feb 2011 - ..con la frase di cui sopra, avevamo terminato la premessa, prima di partire dall'Italia, pensando di poter far rivivere il nostro viaggio e le nostre emozioni anche agli amici che ci seguono.

Corre l'obbligo di scusarci, ma nei 14 gg. di tour fra questo meraviglioso popolo e stupendo paese, purtroppo, non avevamo calcolato che in Birmania, o come si chiama adesso, in Myanmar, potesse esistere un regime che si e' talmente autoescluso dal consesso mondiale (o l'hanno escluso?)  da arrivare addiritura ad oscurare tutti i cellulari stranieri di tutti i turisti (proprio-tutti-muti..e per l'intero paese!) assieme a moltissimi siti internet, (compreso questo nostro Blog), oltre ad avere  connessioni, talmente lente (ancora analogiche?) che, a volte, neppure in un'ora si riusciva a leggere la propria posta, la quale, dulcis in fundo, si ritiene totalmente controllata dal regime, sia in entrata che in uscita.
Veramente assurdo...ma e' proprio cosi'.

Dal momento quindi che e' andata in questo modo,...cioe' senza la famosa "diretta", abbiamo pensato di scrivere gli "Appunti"  di questo viaggio, su questo Blog, possibilmente accompagnati da video e foto, una volta giunti a casa.

Ora siamo in Cambogia ad ammirare le estese ed entusiasmanti vestigia dei Templi di Angkor, il famoso sito archeologico dell'Impero Khmer.
..ma anche di questo vi parleremo in seguito...
----------
7 marzo 2011 - Giunti a casa da questo lungo ed affascinante Tour, proviamo a raccontare le nostre personali impressioni e sensazioni, iniziando dalla prima tappa del nostro viaggio: il
MYANMAR
(Yangon, l'imponente Pagoda Shwedagon)
(Clicca sull'immagine per ingrandirla)
Da diversi anni, esso era all’apice dei nostri desideri di conoscenza, soprattutto per quell’alone di “mistero” che lo avvolge.

Un paese che, sulla scena internazionale, si caratterizza per quell’innaturale “silenzio” , rotto, di tanto in tanto, dalle proteste di monaci buddisti e soprattutto per le ingiuste condanne inflitte dall’attuale regime militare, al Suo premio Nobel, l’esile, ma al contempo “forte” figura di Aung San Suu Kyi, figlia di un eroe birmano, assassinato diversi anni fa, ma ancor oggi, molto amato e ricordato in patria.

L’eccezionale descrizione, infine, che circa 2 anni fa, ci venne fatta da una coppia di amici piacentini, Federica e Milko, conosciuti su una spiaggia thailandese che, a loro volta, l’avevano visitato l’anno prima, fu la tipica goccia che ci spinse a programmarne la visita.
Il Myanmar, contrariamente alla Thailandia, secondo noi, non e’ proprio un paese da visitare con il “fai da te”. Oddio…si potrebbe anche fare, ma la prevalente fatiscenza delle strutture ricettive, l’inadeguata ed impercorribile rete stradale, in alcune aree addirittura mancante, il vecchiume del suo parco macchine, sia privato che pubblico, gli inaffidabili e lunghissimi orari di percorrenza dei mezzi pubblici, suggeriscono di rivolgersi preventivamente ad un operatore locale che, dati i bassi costi, predispone formule personalizzate con van privati per 7 o 14 gg, comprese prenotazioni alberghiere e l’ausilio di una guida locale esperta, in lingua inglese, ma anche italiana)

L’altra alternativa, sia pur organizzata, e’ quella di spostarsi all’interno del paese con voli aerei, come abbiamo visto fare in molti.
Noi abbiamo scelto la “formula” personalizzata del van che, pur “massacrante” per i km percorsi, su estenuanti strade polverose ed inimmaginabili, in cui per fare 300 km, ci abbiamo impiegato anche 10 ore, essa e' stata entusiasmante ed appagante, per la quantita’ e la qualita’ di cose e luoghi visitati.

Un particolare ringraziamento, va ad " Aung " la nostra brillante e preparata guida birmana, (..alla fine di questi "appunti", troverete la sua e-mail), che ci ha saputo condurre, con maestria e discrezione, in tanti luoghi, anche fuori del prestabilito circuito turistico, facendoci conoscere ed "apprezzare" la genuina ospitalita' del suo paese e riservandoci, infine, un' indimenticabile  sorpresa, fra la sua gente, nei luoghi natii.
In 14 giorni, abbiamo percorso, qualcosa come 2000 km circa, da Yangon (la ex capitale) al Lago Inle, a Heho, a Mandalay, a Bagan, con la sua estesa pianura di Pagode d’oro, toccando inoltre molte  altre localita’, suggestive ed interessanti, lungo le infinite e sgarrupate strade,  ma soprattutto, nell'attraversare paesi, villaggi, mercati, a stretto contatto con popoli di varie etnie, abbiamo contemplato i loro volti, i loro vestiti, il loro modo di vivere quotidiano, in cui, anche qui, come in buona parte dell'Asia, molti uomini, ma anche diverse donne, amano "masticare" la foglia di betel e poi sputare rosso per terra, sempre sorridenti e disponibili a farsi fotografare.
Veramente ammirevoli, nella loro dignitosa poverta’.
(In questo video, alcune significative "espressioni" di volti birmani, fotografati, sempre con il loro consenso)


Atterrati a Yangon (la ex Rangoon), il nostro bravissimo “Aung” (ebbene...si, ironia della sorte, anche la nostra guida, ha lo stesso nome, del piu’ noto “casato”), all’uscita dell’aeroporto, ci stava gia’ aspettando, sventolando, com’e’ usuale nei casi in cui non ci si conosce, il tipico foglio con i nostri nomi, per una immediata, reciproca identificazione. 
Dopo le consuete strette di mano, veniamo accompagnati con il Van Toyota da 7 posti, auto che sara’ a nostra disposizione per tutto il lungo tour, all’Hotel Panorama e, siccome sono quasi le 19, fissiamo anche l’appuntamento per la cena.
Tre quarti d’ora dopo, Aung, puntuale, ci passa a prendere per portarci allo “Junior Duck“, tipico ristorante birmano sullo Yangon River.

Primo impatto con la cucina birmana, che pur essendo un mix fra quella indiana, cinese e thailandese non si discosta di molto, dalle altre tipiche pietanze della cucina asiatica, alla cui base c’e’ indubbiamente l'onnipresente riso.

Dopo la cena, andiamo a fare una passeggiata fra le bancarelle di “China Town”, fra odori e sapori, in cui, il nostro olfatto, non avvezzo a tali “aromi”, ci costringeva, a volte, ad arricciare il…naso.
(fra i "ristoranti" di China Town)
(Clicca sull'immagine per ingrandirla)




La prima novita’, una volta poggiate le orme, sul suolo birmano..e’ immediata: i nostri cellulari, come d’incanto, restano ammutoliti! Nessun segnale si percepisce dai nostri apparecchi, mentre i locali, naturalmente i piu’ benestanti, parlano tranquillamente col “telefonino”. Finalmente liberi, dalla schiavitu’ del cellulare... penserebbe qualcuno.
In realta’,  questo anacronistico regime, ha pensato bene di “oscurare” sistematicamente tutti i telefonini che utilizzano una Sim non acquistata in Birmania o, e’ piu’ corretto dire, essi hanno imposto loro “frequenze” che praticamente non “dialogano” con le Sim di tutto il resto del mondo (sic !). (A Milano direbbero: parlen in de' per lur..parlano (solo) fra di loro).
                                                                                                  
Bago
Il mattino dopo, siamo partiti per la prima tappa: Bago, 80 Km da Yangon, citta’ fondata nel 573 dopo Cristo e fu capitale del Regno.
In questa citta’ vi e’ la Shwemawdaw Pagoda, con uno zedi a cupola che arriva fino a 114 metri.

Vi sono altri templi, come quello delle 4 sorelle e l'imponente monumento del Buddha sdraiato sul fianco, la cui lunghezza raggiunge i 55 metri e ben 19 di altezza.
(il Buddha sdraiato di Bago)
(Clicca sull'immagine per ingrandirla)
Golden Rock
Terminata la visita di Bago, abbiamo proseguito per Kyaikhtiyo, meglio conosciuta come "Golden Rock", la famosa, enorme  "pietra" pendente, tutta impregnata d'oro, tenuta in precario equilibrio, su di un altro poderoso masso e  ritenuta molto sacra per il mondo buddhista, i cui pellegrini si avvicendano, dalla base alla sommita' della stessa, per "carteggiarla" con polvere d'oro. 
la "Golden Rock "
Giunti in una localita' ai piedi della montagna, chiamata Kimpun,  ci hanno fatto salire, assieme ad altre 40 persone circa, prevalentemente pellegrini buddhisti, sul cassone di un camion, nel quale eravamo talmente  "ammassati" da restare quasi immobili, seduti su tavole di legno, messe li' alla bell'e' meglio e per 45 lunghi minuti circa, abbiamo iniziato uno scomodissimo ed ondeggiante viaggio, pure "doloroso" per le nostre povere ginocchia, lungo i sinuosi tornanti che s'inerpicavano, con pendenze da capogiro, fra ripide strade di irte montagne e verdi vallate, per giungere infine in una postazione molto piu' a monte.
Da questo secondo "Campo Base", abbiamo iniziato, stavolta a piedi, un vero e proprio trekking (...meglio dire.. arrampicata..ehhhhh!!!) per un durissimo sentierone, anche quest'altro con micidiali salite e tornanti, in parte asfaltato ed in parte no, per giungere, (stremati) finalmente, dopo circa 2 ore, in cima a questa famosa "Golden Rock".
Per arrivare alla sommita', vi sarebbero comunque 3 alternative:  a piedi, come abbiamo preferito fare noi.. una vera e propria faticaccia, ma ci si tiene in forma!
A pagamento, comodamente sdraiati su di una "portantina", trasportata da 4  Sherpa ed infine, nel cassone del solito camion.
(Golden Rock: salita e visita)
Il lato divertente, e forse un po' "comico" della salita a piedi, e' che, i  "pochi" turisti che desiderano farsela con le proprie gambe, per un certo tratto, vengono volontariamente "seguiti", oseremmo dire, "affiancati", da una o piu' "portantine" in attesa che "gettando la spugna", per la durezza del percorso ed  affranti, chiedano di sdraiarsi e farsi comodamente trasportare dagli Sherpa.
Ci e' spiaciuto, per loro, ma noi abbiamo... resistito.. sia pur col.. fiatone !!!
In verita', arrivati alla faticosa meta, siamo restati un po' delusi. 
Al di la' di questa "Roccia d'oro" e la vallata sottostante, sulla quale si staglia la pietra, c'e' poco da vedere e secondo noi, la defatigante escursione, puo' ben essere sostituita con un'altra.
Dopo poche ore, di contemplazione sul piazzale della "Pietra" , siamo scesi al secondo "campo base" (circa 4 km)  per ridiscendere alla postazione piu' a valle, (circa 8 km) a bordo del solito scomodo camion.
Grazie pero' ad Aung, la nostra guida, la discesa, l'abbiamo fatta molto piu' comodamente seduti nella cabina del camion (costa qualcosa in piu', ma ne vale la pena)
Giunti a valle, ormai in serata, siamo andati a pernottare al "Golden Sunrise", buon hotel, abbastanza vicino alla partenza per il Golden Rock, nel quale abbiamo consumato anche un'ottima cena.
(in attesa della cena all'hotel Golden Sunrise) 

(L'unico inconveniente di questo hotel e' che gia' alle 4 del mattino, data la vicina distanza, s'inizia a sentire  il gran frastuono dei pellegrini buddhisti che si recano su per la montagna (campanacci, suoni, clacson dei camions).
Taungoo
Il mattino seguente, dopo una ricca colazione (l'hotel non ha internet), siamo ripartiti, con il ns/ Van Toyota per Taungoo, 280 km piu' a nord.
Sul percorso, Aung, dopo una opportuna deviazione, ci ha portato a visitare una fabbrica, molto artigiana, in cui lavoravano la Gomma (Raba in lingua birmana).
(Raccolta e della Lavorazione della Gomma)

Dopo aver visitato gli artigiani della gomma, siamo ripartiti per Taungoo, ma dopo poche ore, nell'attraversamento di uno dei tanti affluenti del grande Irrawaddy, il fiume piu' importante del Myanmar, ci siamo fermati ad assistere ad una curiosa tipologia di pesca, mediante la quale il pescatore e' immerso nel fiume, sin quasi alle ascelle, spingendo sott'acqua un attrezzo per la cattura di questa tipologia di pesce, di cui non siamo riusciti a capirne il nome che, cosi' aperto, viene messo ad essiccare su enormi tavolati.
(Video della pesca caratteristica)

Di nuovo in marcia, dopo esserci fermati nei pressi del Monwigy  Park Lake ,

 siamo entrati nel villaggio indiano di Tharducan che si trova nel paese di Phyu.
Qui la folta comunita' indiana, una delle piu' antiche del Myanmar, nei suoi tradizionali "sari", ci ha accolti con la consueta dolcezza, facendoci intrattenere dal Capo Villaggio che ci ha spiegato alcune fasi della loro vita quotidiana. Ci e' spiaciuto, alla fine, non aver potuto esaudire il suo desiderio di poter leggere un qualsiasi giornale in lingua inglese, affinche' non perdesse dimestichezza con questa lingua, che peraltro parlava fluentemente.
(la comunita' indiana di Tharducan)

Terminata la visita, ci siamo spostati nel paesino di Painzaloat, dove abbiamo visitato un Monastero di Monaci Buddhisti, presso il quale, la nostra guida Aung, quando sente il desiderio di fare un "bagno di fede" e dopo aver chiesto il permesso alla moglie, ritorna monaco per qualche settimana ed in questo monastero, ha trascorso in passato una sua "meditazione",  presentandoci alcuni suoi "ex confratelli".
(fra i monaci buddhisti di Painzaloat)
Ripreso il cammino, siamo finalmente giunti, quasi all'imbrunire, al Royal Kayrumadi Hotel, splendido ed unico albergo, situato sul Lago di Taungoo, (n.d.a.: in generale, in questo paese, le migliori "ubicazioni" degli Hotel ed i piu' lussuosi/costosi,  sono purtroppo di proprieta' del "regime", anche se tutti gli altri alberghi presso i quali abbiamo pernottato, riteniamo fossero di proprieta' privata). 
L' hotel annovera anche un Internet Point, presso il quale non siamo riusciti, dopo oltre un'ora, a leggere la nostra posta, tanto era lenta la connessione.
Dopo la cena, tenutasi in un accogliente locale con ampie vetrate e vista sul lago e dopo aver fatto una breve passeggiata lungo le rive dello specchio d'acqua, abbastanza stanchi, siamo andati a letto, soprattutto in previsione della "micidiale" giornata di domani, in cui dobbiamo percorrere i circa 400 km che ci porteranno sul mitico Lago Inle.
E' giovedi' 20 gennaio 2011, il mattino in cui siamo ripartiti da Taungoo per l'Inle Lake, verso le 8, dopo la consueta ed  abbondante  colazione (normalmente il pranzo si salta o si pasteggia, viaggiando, con qualche "bananina" locale, che il buon Aung, lungo la strada, ci acquista).
Come dicevamo, oggi ci attende una giornata "spaccaossa", per l'inerarrabile situazione della  strada...meglio sarebbe parlare di ex-strada..ora quasi sentierone, lungo tortuosi valichi di montagna.
Ma proseguiamo con ordine.
La prima, breve sosta la facciamo nel paesino di Tyat Kony, solo per rifare la scorta  ed acquistare caramelle e biscotti, da regalare ai bambini che incontriamo, i quali, come abbiamo notato, nella loro dignitosa poverta', pur gradendo moltissimo, quanto gli si porge, sembra che arrossiscano per il pudore, pensiamo noi, nello stendere la manina, senza ressa,  ne' invadenza, ne' insistenza e ci pervade una leggera tristezza, nell'osservare la loro adolescente compostezza, in un contesto di poverta' ed indigenza.
(Uno dei piu' diffusi mezzi di trasporto)

Proseguiamo e per la prima volta, c'imbattiamo in un posto di blocco militare, nel quale ci viene richiesto di esibire i passaporti. Forse, pensiamo,  iniziando ad entrare  in una "zona" calda, dovuta agli sporadici scontri fra le forze del regime ed alcune etnie, ferocemente contrarie, il controllo dei flussi, diventa piu' assiduo.

Alcuni chilometri piu' avanti, deviando dalla strada principale, visitiamo il villaggio di Minlan, noto per l'antica tradizione dei suoi abitanti che, ancora oggi, sia pur in modo arcaico, forgiano e lavorano il ferro. 
(I forgiatori di Minlan)

Conclusa la visita al villaggio, con la consegna ad una scuola elementare di penne e matite che avevamo portato dall'Italia, appositamente per donarle, unitamente alle caramelle acquistate precedentemente, la polverosa e disastrata strada inizia a salire, su per le montagne.
Dopo quasi 9 ore e mezza di massacrante e polveroso viaggio, per coprire  i circa 400 km, giungiamo finalmente a Inle, omonima cittadina da cui prende il nome il Lago, nella quale, solo per accedervi  bisogna pagare 5 USDollars  a cranio.
La cittadina e' situata a circa 875 mt. di altezza ed e' una tappa obbligata per chi visita la Birmania, per le bellezze e le peculiarita' esclusive di tutta l'area del lago, come descriveremo piu' avanti.

Intanto, siamo giunti all' Aungmingalar Hotel, albergo con camere essenziali senza riscaldamento, dove un cartello ci avverte che dalle 22,00  e fino alle 7 , manchera' l'energia elettrica. Anche per noi il clima e' cambiato, dal caldo umido della pianura al freddino pungente della montagna e noi lo sentiamo tutto, con i nostri bermuda, t-shirts e sandali ai piedi. Abbiamo con noi solo una leggera maglietta per giunta di cotone ed un k-way ..per fortuna.
Spolveriamo..pardon..quasi dobbiamo lavarli, tanto sono "sporchi" per la polvere del viaggio, i nostri esigui bagagli, una doccia e via a cena e poi a nanna per essere pronti e riposati per l'emozionante escursione di domattina.

Escursione sul Lago Inle
Ci siamo  alzati alle 7 circa, ma durante la notte e verso le prime ore dell'alba, ci siamo svegliati diverse volte, per il freddo. Cercavamo qualche coperta supplementare che non abbiamo trovato, essendo il freddo aumentato e noi in possesso di una sola copertina. Nulla.. lo abbiamo sofferto!! 
Fatta colazione, alle 8,30 ci rechiamo al porticciolo del lago per iniziare l'affascinante viaggio al costo 5 USDollars a testa, su di una lancia veloce che ci portera' a visitare le meraviglie dell'area.
Fa decisamente freddino, ma per fortuna gli organizzatori, danno delle coperte per proteggersi durante la traversata ed un "ombrello", da tenere davanti, per ripararsi dal vento.
E' giorno, ma il sole non ha ancora fatto capolino sulla cresta delle montagne circostanti, mentre una leggera bruma mattutina, avvolge il paesaggio, da renderlo quasi surreale, un quadro da fiaba, oserei dire naif, mentre la lancia, con il potente motore, corre velocissima, fendendo le chete acque di questo grande specchio d'acqua.
Superiamo altre barche che trasportano turisti, andiamo tutti, come prima tappa, in direzione del grande mercato in fondo al lago.
Le bellezze e le peculiarita' esclusive della vasta area di questo incantevole lago, che ci appresteremo a visitare, sono  gli orti galleggianti, la lavorazione del costosissimo cotone, estratto dai fiori di loto, la lavorazione dell'argento, le abitazioni sull'acqua, a mo' di "palafitte" e pensiamo, anch'essa unica al mondo, l'originale, curiosa modalita' di pesca che viene praticata sul lago dagli Intha, l'etnia maggioritaria, anche chiamati  i "figli del Lago" che popola queste sponde.
(il video della nostra escursione sul Lago Inle)

Un capitolo a parte merita il fuggevole e non programmato incontro con le "donne giraffa", o anche denominate dal "collo lungo", cosi' chiamate, perche' portano, sin da piccole, una serie di anelli attorcigliati alla gola, che danno l'impressione di avere un collo molto piu' lungo della media.
   (le donne "Giraffa")
Pare che esse siano originarie del nord della Thailandia e si vocifera che il regime, permetta lo sfruttamento della loro immagine per incrementare il flusso turistico.   

Dopo questa fugace ed alquanto deprimente esibizione, nuovamente in barca  per la visita  ad una delle piu' rinomate "aziende artigianali" (...in verita' anche molto arcaiche, come vedrete dal video) di estrazione  e lavorazione della  costosissima seta estratta dai fior di loto (... corre voce che i Loro Piana, il noto "atelier" italiano, si sia accaparrato l'esclusiva mondiale di questo pregiato tessuto).

Giunti cola', ci e' stato permesso di entrare nei reparti di produzione ed osservare le esperte mani, prevalentemente donne, che  filavano la seta su vecchi filatoi e antichi arcolai, estraendo il famoso baco dai magnifici "fior di loto".
In pratica, abbiamo quasi assistito ad una completa filiera, dalle origini, all'incantevole prodotto finito.
(estrazione e lavorazione della seta dal fior di loto)

Si stava facendo vespero e dopo aver visitato una delle tante, imponenti Pagode,cui e' costellato il lago ed aver fatto un bel giro in lancia, fra i rigogliosi giardini galleggianti, abbiamo iniziato il rientro verso Inle e, cammin facendo, col naso all'insu', rivolto all'orizzonte, ammiravamo il colorarsi del cielo, riflettendosi in modo speculare, anche sulle calme acque del lago, da quell'iniziale tenuo rosa, all'incendiario rosso intenso, tipico di quei tramonti mozzafiato, quando ormai il sole stava quasi sparendo dietro gli alti pizzi delle montagne circostanti.

Il mattino successivo, abbiamo salutato Inle, non senza un po' di nostalgia, dirigendoci alle Grotte di Pindaya (Pindaya Cave).
Lungo la strada, abbiamo sostato ad Heho, grosso centro, prevalentemente agricolo, sede anche di un aeroporto, per coloro che volessero raggiungere Inle, direttamente da Yangoon)  in cui si teneva il vasto e frequentato mercato all'aperto di ogni genere, dal vestiario, all'artigianato, al commestibile.
Proprio non potevamo risparmiarci questo bagno di " volti ", di etnie, di usi, di costumi, insomma di gente, tenuto inoltre conto che, questo mercato, viene abitualmente frequentato, da quasi tutte le varie razze  e tribu' che vivono sulle vicine montagne e che, alcune di esse, mal sopportando l'attuale regime, a volte colpiscono, anche con attacchi armati.
Dopo una vera e propria "scorpacciata" di foto e video, in cui abbiamo assistito e filmato anche la  preparazione della famigerata foglia di "betel", (il cui nome scientifico e' "Piper betel" e non viene ritenuta una droga, ma crea lo stesso dipendenza) opportunamente "arricchita " di vari ingredienti come cardamomo, cocco, semi di finocchio, crema di lime, di rose ed altro, molti birmani di ambo i sessi, non disdegnano di masticare, perche' ritenuta "rinfrescante".
(...mercato di Heho, preparazione del"betel" da masticare)

Al riguardo, durante la passeggiata fra le numerose "bancarelle" del mercato,  ci e' capitato che qualcuno o qualcuna, si liberasse di quel malloppo di erba che aveva terminato di masticare e lo  "sputacchiasse", per fortuna per terra, al nostro passaggio.
Nessuna paura, bastava solo essere attenti a scansarsi, da quella sostanza color sangue che nel frattempo aveva disegnato sul terreno un astratto schizzo rosso naturale e poi incrociare gli occhi di lui o di lei, che ti salutavano con un largo, "rossissimo" sorriso, in verita' quasi mai a 32 denti.
(i "rossi" sorrisi del...betel)
(Clicca sulla foto per ingrandirla)
Giunti a Pindaya situata ad oltre 1150 mt sul livello del mare, ci siamo inoltrati in questa singolare grotta, al cui interno, quà e  la',  si notano  pure alcune forme di stalattiti e stalagmiti, ma la principale peculiarita' per la quale viene visitata, e' dovuta alle circa 8000  pittoresche statue di Buddha che vi sono depositate e posizionate (oseremmo dire "quasi ammassate") in modo tale da formare un vero e proprio labirinto, lungo le cavernose pareti della grotta e meta di devoti pellegrini buddhisti.
(I Buddha all'interno della grotta di Pindaya)
Terminata la visita alla "cave", nel rientrare in hotel, ci siamo fermati a visitare una tipica produzione artigianale di ombrelli a base di corteccia di gelso.

(interno della fabbrica di ombrelli di corteccia di Gelso)
Poi abbiamo proseguito per Kalaw, sperduto paesino nelle montagne birmane, ad oltre 1200 mt di altezza, sosta intermedia, dalla quale, con apposite guide autorizzate, si possono iniziare trekking diversi per poter raggiungere le tribu' piu' agguerrite che molti dispiaceri hanno dato (e danno ancora) all'attuale regime. 

La nostra sosta a Kalaw, dopo una intensa  e stancante giornata, si poneva invece solo per proseguire riposati, l'indomani, per Mandalay .

A sera, dopo essere andati a cena, al ristorante delle 7 Sorelle (Seven Sisters), ormai esausti e fortemente infreddoliti, abbiamo preferito andare a riposare.

Anche la notte in questo hotel, (senza riscaldamento, il peggiore incontrato fino a questo momento, ma la zona , purtroppo non offre  di meglio, anzi ci era stato indicato quale "il migliore"..(sic!!)  abbiamo patito il freddo, a causa anche del fatto, come abbiamo spiegato precedentemente, che non avevamo addosso indumenti adatti a quelle latitudini e nel mese di febbraio. 

Fattici coraggio che le "sofferenze" da freddo, stavano per finire, il mattino dopo, di buon'ora, (brrrr...ancora un freddo cane ...) ci siamo rifugiati  nella Toyota per iniziare a scendere a valle, nella piana di Mandalay, ma la portiera scorrevole della
nostra auto, forse a causa delle gelide temperature notturne, si era impuntata e non voleva sentirne di "agganciarsi " alla chiusura.

Aung, la nostra guida ed autista, non trovando un esperto meccanico, ..si fa per dire...fattisi prestare un poderoso martello e senza andare molto per il sottile, ha assestato alla portiera stessa, 4 robuste martellate, che, fortuna ha voluto, essa ha iniziato a far giudizio e.. siamo ripartiti per Mandalay
  
Lungo la sempre sgarrupata strada, ci siamo fermati al mercato di  Pyi Ny Aung, per fare una ricca provvigione delle saporite "bananine" (Aung, ne acquistava caschi interi)  e noi come le "scimmie" lungo il viaggio, ne facevamo invereconde scorpacciate.

Breve sosta in questo mercato, lungo i bancali di miseri agricoltori che mettevano in vendita piccoli quantitativi  di verdure, frutta, uova, galline,  presumibilmente, tutto quanto essi possedessero, alfine di racimolare quei pochi "Kyat" per poter campare.

A Kaysek , importante centro lungo la strada per Mandalay, ci siamo fermati ad assistere alla Festa delle matricole universitarie, tutti in divisa nera con fasce gialle che formavano una specie di croce di Sant'Andrea ed un  cappello a falda quadra (era evidente il retaggio della remota colonizzazione inglese) che tutti felici, festeggiavano l'anno accademico.    
(l'universita' di Kaisek)
Proseguendo, dopo alcune decine di km, lungo il percorso, ci siamo fermati nel villaggio di "Palate" a vedere la Pagoda dei Pitoni Giganti, messi a guardia del Buddha, sui quali,  i fedeli, lasciavano cadere le offerte.
(Uno dei Pitoni a guardia del Buddha)
A sera, siamo giunti a Mandalay,  la 2^ citta' del Myanmar per ordine di grandezza con circa un milione di abitanti  e capitale economica del paese. 
Pernottiamo al "Mandalay City Hotel " ed andiamo a cenare al "Golden Duck", (21°59 '53" N - 96°05' 06" E), rinomato ristorante, frequentatissimo da una variegata tipologia di clienti.

Il mattino successivo, abbiamo iniziato l'intenso e suggestivo tour  di visite della citta', recandoci al Golden Palace Monastery, il caratteristico ed antichissimo ex Palazzo Reale in Legno di Tek, creato da Re Mindon ed abbiamo, poi,  liberamente passeggiato per Mandalay, nelle tipiche zone della creazione e lavorazione dei bianchi Buddha di marmo e di quelli di Bronzo, dove un sapere antico, tramandato da padre in figlio, vedeva all'opera artigiani, oseremmo dire "artisti" che con mazzetta e scalpello, ma anche con strumenti piu' moderni, scolpivano, con rara maestria, la sagoma ed i volti dei nuovi Buddha. 
(In questo video, i filmati piu' significativi, del nostro Tour di Mandalay)

proseguendo poi, nell'ammirazione del piu' grande libro di pietre del mondo (World Biggest Book) nella Pagoda Kuthodaw.
(Suoni buddisti nella Pagoda di Kuthodaw e battitori di polveri d'oro)

Nel pomeriggio, siamo salpati per Mingun, localita' ubicata sul lato opposto di Mandalay, che si raggiunge a bordo di una barca, un'ora circa, dopo aver solcato le acque del maestoso Irrawaddy. 
Qui troneggia la Pagoda Bianca, oltre all'altra Pagoda, definita "l'incompiuta" in cui c'e' 
 la famosa Campana Gigante di Mingun, pesante ben 87 tonnellate.

In serata, siamo andati a goderci lo struggente tramonto su Mandalay Hill.

Il 25 gennaio, dopo due giorni di sosta a Mandalay, siamo ripartiti per Bagan.

Ad Amarapura, conosciuto centro monastico, abbiamo fatto sosta per assistere allo spettacolare pranzo dei circa 1500 monaci buddhisti del Monastero di Mahagandhayon. 
(Amarapura -  il Pranzo dei Monaci)
Dopo l'abbondante pranzo dei monaci, sempre ad Amarapura, siamo andati a visitare il famoso vecchio "Ponte in Tek" (Tek Bridge) meglio conosciuto come "U Bein".
Costruito circa 250 anni fa, esso viene ritenuto il  piu' lungo del mondo con questo pregiato legno  e si estende per 1,2 km, attraversando il Lago Taungthaman.
(Amarapura -Il Ponte in Tek) 

La sorpresa
Terminata quest'ultima visita, abbiamo ripreso il viaggio per raggiungere Bagan e la sua sterminata piana di pagode d'oro. Questo, e' quello che noi  credevamo.
La nostra guida invece, a nostra insaputa, ci aveva organizzato una sorpresa.
Mentre stavamo percorrendo sconosciute strade di campagne, a volte semplici, larghi sentieri, abbiamo notato che la Toyota, nell'avvicinarsi al prossimo villaggio, aveva iniziato a rallentare  e piu' avanti, in uno slargo ai bordi della strada, avevamo notato un folto gruppo di persone, in sosta con 2 carri, trainati da buoi, tutti bardati a festa, con coloratissimi pennacchi  ed avvolgenti fibbie che ornavano gli animali. 
E' stato spontaneo per noi, pensare all'imminente inizio di qualche festa del villaggio ed incuriositi, abbiamo chiesto ad Aung di fermarsi per poter scattare qualche foto e chiedere di cosa si trattasse. Egli molto divertito, si era, nel frattempo, fermato proprio nello slargo a fianco dei buoi e ci aveva candidamente svelato che tutta questa gente stava proprio aspettando noi, per riceverci ed accompagnarci, a bordo dei carri, all'interno del suo villaggio natale.
Confessiamo di essere rimasti alquanto smarriti e quasi "senza parole, di fronte a questo piacevole ed inatteso evento che egli ci aveva voluto organizzare e con "fatica" siamo saliti sui carri, le donne su di uno e noi uomini sull'altro ed in mezzo ad una folla vociante che ci accompagnava,(sembrava di essere alla festa di Piedigrotta.. )  abbiamo percorso, come da loro tradizione, per gli ospiti di riguardo,qualche centinaio di metri, per giungere al centro del villaggio di  "Ah Htet Nyint " luogo in cui egli era nato.
Ma la sorpresa non era ancora finita.
La sorella ed i parenti di Aung,ci avevano inoltre preparato, una gustosissima ed abbondante cena a lume di candela, mettendoci da soli, intorno ad un tavolo nel centro del villaggio, per farci assaggiare piacevoli specialita' birmane, prevalentemente a base di riso e verdure, ma anche teneri e ruspanti polli che data l'ora e l'incipiente fame, abbiamo fatto in modo di onorare la tavola e le apprezzate portate che ci venivano servite.
Intonava quasi la mezzanotte, quando abbiamo levato i piedi da sotto il tavolo e decisamente satolli, dopo aver ringraziato  e fatti i doverosi complimenti alla sorella di Aung per l'ottima cena, siamo rientrati in Hotel a Bagan. 
(Questo il video della nostra entrata nel villaggio di Ah Htet Nyint)
Oggi, mercoledi' 26 gennaio e' la volta di Bagan. Visitare le sue numerose ed imponenti Pagode c'impegnera' non poco dal momento che anche il caldo si fa sentire. Aung, puntuale e' venuto a prenderci al Thanzin  Garden Hotel,(senza internet), un 3 stelle immerso in un ampio, verde parco.

Nella prima parte del giorno, abbiamo deciso di dedicarci alla visita delle pagode piu' importanti: Hitlominio, Swezigon, Ananda e la Bupagoda, quest'ultima, sul fiume Irrawaddy.
Col dovuto rispetto, i nostri occhi, hanno fatto un'indigestione di Buddha di varie forme, dimensioni e colori, ma quasi tutti "dorati" in pagode, fra le piu' antiche e trascurate alle piu' moderne e maestose. Abbiamo assistito anche a funzioni religiose ed in una di queste, 2 monaci mi hanno fatto indossare la tipica "gonna lunga " chiamato " longyi "  che usano quasi tutti gli uomini (e donne) birmani  e mi hanno accompagnato su per le scale, ai piedi del grandioso buddha ed in ginocchio sulla nuda pietra.. (ahi!! che dolor!)  ho ascoltato, in raccolto silenzio, le (incomprensibili) nenie e giaculatorie che una miriade di altri monaci, intonavano al loro "Deus".. (ho pensato...forse che il mio viso si presti bene a far da .. monaco.. mah! )
Dopo questa brevissima ed inaspettata "partecipazione" religiosa, giunta ormai l'ora di pranzo, siamo rientrati in Hotel.






Nel corso del pomeriggio, dopo aver visitato poche altre pagode minori, abbiamo  visitato la produzione di manufatti e laccati, trattati tutti con colori naturali, che impiegano anche  9 mesi per terminare il ciclo di lavorazione ed e' per questo che il loro costo e' veramente molto alto.


Nel frattempo, Aung  e suo cugino Follow, ripartivano  in Toyota per Yangon (2 giorni di massacrante viaggio)

A sera, ceniamo a lume di candela, nel Thanzin Garden Park di Bagan , circondati da una serie di mini pagode illuminate.

Il mattino del giorno seguente, siamo stati accompagnati in aeroporto per rientrare anche noi a Yangon con Air Bagan (compagnia aerea del genero del dittatore birmano), per visiatre  la piu' imponente Pagoda del Mianmar, la famosissima e bellissima "Swedagon Paye"  e proseguire per la Cambogia, via  Bangkok.

Ci congediamo con la  nostra consueta buonanotte dalla Birmania.

" Kaba Ma Kyei "  ("fino alla fine del mondo, Myanmar") e' l' inno nazionale birmano.
Questa e' l'e-mail di Mr. Aung, la nostra guida in Myanmar.
aungkyawsint73@gmail.com
tel.0095 95156131